12 giugno 2011

Radiopirata di Francesco Carofiglio




Sono sempre stato convinto che alla presentazione di un libro, sembrerà ovvio, ma purtroppo non lo è, l'attenzione debba essere concentrata sul libro ed in seconda istanza sull'autore.

Non dico questo perché avrei preferito non dover sentire l'ennesima introduzione non sequitur dell'assessore di turno, ma perché, purtroppo, più che di “Radiopirata”, oggi ho sentito parlare di Francesco Carofiglio.
 

Nonostante questa discutibile scelta organizzativa, riusciamo a sapere che il libro narra di un gruppo di amici, degli apparenti “sfigati” (sic) con delle qualità nascoste, degli apparenti “sfigati” (sic) con delle qualità nascoste, che agli inizi degli anni '80 coltiva il sogno di creare una radio libera, sullo stile di “Radio Lupo Solitario” o “Radio Out”, si avventura nell'impresa attraverso mille peripezie, legate, ad esempio alla ricerca di un luogo dove collocare il trasmettitore, problema poi risolto con un aiuto... dal Cielo?

Dopo questa troppo breve descrizione del romanzo, l'intervistatore si sofferma, eccessivamente, sul rapporto dell'autore con il fratello: Francesco, nonostante un'ironica allusione ad alcuni scontri fisici, ci dice che il rapporto con il fratello Gianrico è fatto di affetto, che non esclude critica e lavori comuni, come una collana di fumetti. Tuttavia, nonostante la scelta di generi letterari ed intrecci vagamente comuni, i loro lavori individuali sono completamente indipendenti. 

Questo ad esempio è un romanzo di formazione e, interrogato sull'argomento, l'autore compara la società di quegli anni con quella attuale, in cui apparentemente c'è più violenza, mentre, a suo dire, c'è solo più spettacolarizzazione, che porta ad un vero e proprio voyerismo, della cronaca giudiziaria.

Ritornando al libro, Francesco Carofiglio risponde ad una domanda che ogni scrittore si è sentito fare almeno una volta nella vita: quanto c'è di lui nel suo ultimo romanzo? A detta dell'autore, non siamo di fronte ad un libro autobiografico, ma è inevitabile che le vicende personali finiscano per incidere sulla produzione di un'artista.

I fratelli Carofiglio si sono formati infatti in una famiglia in cui la cultura è di casa (genitori professori ed un'ampia biblioteca da cui attingere testi di vario genere) e ciò lo ha portato ad intraprendere la carriera di architetto, attore (anche in radio), scrittore, sceneggiatore, fumettista ed altro. Ma tra tutte queste “incarnazioni” non ce n'è una preferita dall'autore: nel bene e nel male, egli è tutte queste cose.

Almeno in conclusione, l'intervistatore ritorna al libro chiedendo al suo autore perché un lettore dovrebbe leggerlo e la risposta non può che trovarmi assolutamente d'accordo: lo scrittore infatti invita i lettori a prenderne una copia in mano e sfogliarla, per vedere se si stabilisce un feeling tra libro e potenziale fruitore e, solo in quel caso, decidere di leggerlo.

Direi che la curiosità per il romanzo c'è, ma anche la delusione per l'intervista: ho l'impressione che avrei ricavato più informazioni dalla quarta di copertina.

A cura di Diego


                                                                                                                                                                                          

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