C’era una volta la
grande fabbrica, l’enorme edificio al quale ci si recava di mattina presto in
bicicletta. Il suono della sirena radunava centinaia di persona e ad ogni
Natale si organizzava la riffa e la festa per i figli degli operai.
C’era ieri e oggi non
c’è più fagocitata dalla globalizzazione e dallo scarso interesse che la
politica italiana ha dimostrato nei confronti dell’industria italiana.
Le poche realtà rimaste
sul territorio, prima di fare i bagagli ed emigrare in Cina, cercano di
resistere il più possibile per il bene della manifattura italiana e dei
lavoratori.
All’industria italiana
e alla sua storia sono dedicati alcuni volumi che potete trovare in libreria:
“Cambiare la fabbrica
per cambiare il mondo” di Maurizio Landini e Giancarlo Feliziani, Bompiani, 164
pagg, 15.00 euro
Un libro-intervista al
segretario generale della Fiom, il cui sottotitolo non lascia ltre
interpretazioni: La Fiat, il sindacato, la sinistra assente.
“Capitani coraggiosi”
di Gianni Dragoni, Chiarelettere, 301 pagg, 16.60 euro
Chi sono i venti
industriali che nel 2008 hanno rilevato Alitalia? E perché i debiti della
compagnia sono caduti sulle spalle dei contribuenti? Queste sono solo alcune
domande contenute nel libro che tenterà di dare una risposta anche alla presunta
italianità salvata. Anche qui un sottotitolo niente male: I venti cavalieri che
hanno privatizzato l’Italia e affondato il paese.
“La terza rivoluzione
industriale” di Jeremy Rifkin, Mondadori, 329 pagg, 20.00 euro
Mentre la Cina e gli
altri paesi in via di sviluppo si preoccupano ben poco dell’ambiente, la svolta
ecologica per l’industria occidentale sembra l’univa via possibile. E così il
leader della green economy ci invita a produrre con l’utilizzo di fonti rinnovabili.
“C’era una volta il
futuro” di Oscar Larussi, Il Mulino, 156 pagg, 14.00 euro
Come per Storia della mia gente (Edoardo Nesi, Premio Strega 2011) anche Larussi parte dai mitici
anni ’60 per un excursus sugli ultimi decenni di storia italiana. La sua analisi, essendo
egli un critico cinematografico, parte dall’analisi della Dolce Vita di Fellini
ma entrambi sono concordi nel sostenere la fine di un’epoca che forse non
tornerà mai più.
A cura di Claretta
A cura di Claretta
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